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Posted by Ricardo Marcenaro | Posted in | Posted on 8:30


LA BANDERUOLA CADUTA

Il duro cuore della banderuola
nel libro del tempo.
(Una pagina la terra
e l'altra il cielo.)
Cadde dolente sulle lettere
di vecchi tetti.
Lirico fiore di torre
e luna dei venti,
abbandona il filo della croce
e disperde i suoi petali,
per cadere sulle lastre fredde
mangiata dal bruco
degli echi.

Giaci sotto un'acacia.
Memento!
Non potevi battere
perché eri di ferro...
Ma avevi la forma
e doveva bastarti!

Nasconditi sotto il verde
limo,
a cercare la tua gloria
di fuoco,
mentre ti invocano
tristi le torri da lontano
e senti nelle banderuole
stridere i tuoi compagni.
Nasconditi sotto la coperta
verde del tuo letto.
Perché né la bianca monaca,
né il cane,
né la luna calante,
né la stella,
né il fosco sacrestano
del convento,
ricorderanno i tuoi gridi
d'inverno.
Nasconditi lentamente
perché se no
gli straccivendoli
ti prenderanno.
Potessi darti
per compagno
questo mio cuore
così incerto!


Madrid, dicembre 1920

 

CUORE NUOVO

Il mio cuore, come una serpe,
si è spogliato della sua pelle
e la tengo fra le mie dita
piena di ferite e di miele.

I pensieri annidati
nelle tue rughe, dove sono?
Dove le rose che profumavano
di Gesucristo e di Satana?

Povero involucro che opprimeva
la mia stella fantastica!
Grigia pergamena indolenzita
di ciò che volli e ora non amo piú.

Vedo in te embrioni di scienze,
mummie di versi e scheletri
di antiche mie innocenze
e di miei romantici segreti.

Ti appenderò ai muri
del mio museo sentimentale,
vicino ai gelidi e oscuri
gigli dormienti dei mio male?

O ti metterò sopra i pini
libro dolente del mio amore -
perché tu conosca i trilli
dell'usignolo all'alba?


Granada, giugno 1918

 

IL TRAMONTO DEL SOLE

Il sole è tramontato. Gli alberi
meditano come statue.
Ormai il grano è falciato.
Che tristezza
le norie ferme!

Un cane campagnolo
vuole mangiarsi Venere, e le latra.
Splende sul suo campo di pre-bacio
come una grande mela.

Le zanzare - Pegasi della rugiada -
volano nell'aria calma.
La Penelope immensa della luce
tesse una notte chiara.

«Figlie mie, dormite, viene il lupo»,
le pecorelle belano.
«È arrivato l'autunno, compagne?»
dice un fiore avvizzito.
A momenti verranno i pastori coi loro nidi
dalla sierra lontana!
Giuocheranno le bambine sulla porta
della vecchia casa,
e ci saranno strofe d'amore
che già sanno
a memoria le case.


Agosto 1920

 

UCCELLINO DI CARTA

Oh uccellino di carta!
Aquila dei bambini.
Con le penne di giornale
senza compagna
e senza nido.

Le mani ancora bagnate di mistero
ti creano in un freddo
annottare d'autunno, quando muoiono
gli uccelli e il rumore
della pioggia ci fa amare la lampada,
il cuore e il libro.

Nasci per vivere pochi minuti
sul fragile castello
di carte che s'innalza tremante
come il gambo di un giglio.
E mediti lassú, cieco, senz'ali,
che avresti potuto essere
l'atleta grottesco che sorride
sospeso a un filo,
la nave silenziosa senza remi né vele,
il lirico
vascello fantasma dell'insetto pauroso
o il triste asinello
che i soffi dei bambini, trasformatolo in Pegaso,
irridono.

Ma nella tua meditazione
cadono gocce d'umorismo,
Fatto con la corteccia della scienza
ti burli del destino,
e gridi: «Biancofiore non muore,
né muore Luisito.
La mattina è eterna, eterna
la fonte della rugiada.»

Pur non credendo in nulla, gridi:
i bambini non vedano
che c'è un'ombra dietro gli astri,
e ombra nel tuo castello.

In mezzo alla tavola, nel crollo
della tua casa azzurra,
hai visto che il nibbio ti guarda:
«È nato da poco,
una bolla di spuma sull'acqua
del dolore vivo.»

Ma tu va alle labbra luminose
mentre ridono i bambini,
e tacciono i genitori, perché non si ridestino
i dolori vicini.

Così scompari uccello clown
per rinascere altrove.
Così, uccello sfinge, dài il tuo cuore
di fenice al limbo.


Luglio 1920 




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